Dova
Superiore in Alta Val Borbera porta naturale al Parco dell’Antola
Articolo tratto da
A+Online
L’idea di intraprendere un’attività economica è derivata dalla constatazione
della difficoltà in cui versava la montagna nel presente momento storico, con lo
spopolamento, la cessazione di ogni lavoro agricolo, eccetera. Chi è nato in
queste contrade, e ne apprezza la bellezza, non poteva ignorare il problema. Di
come reagire a questo stato di cose. Nel 1981, pertanto, nasce l’idea della
cooperativa agricola, che rappresenta la forza dei pochi abitanti rimasti di
superare la tradizionale mentalità di chiusura, mettendo in comune le proprie
risorse, i terreni, ecc. L’importante era aprire una via e iniziare un’attività,
con piccole risorse per un grande risultato. Promuovere un territorio significa
mettere insieme le risorse, superando una mentalità radicata che tende a
chiudersi nella proprietà individuale. I giovani devono ereditare questa realtà.
Pertanto i giovani possono venire a lavorare per la cooperativa, e si creano
posti di lavoro. Si punta alla valorizzazione del prodotto tipico, genuino e
naturale, connessa con l’ospitalità, per confermare la voglia di “fare” in prima
persona. Ognuno si prende le proprie responsabilità. Partendo da piccole risorse
agricole si giunge alla riutilizzazione dei pascoli per produrre carne
biologica. Con il progetto “Sentieri della resistenza - Memoria delle Alpi”, si
riscoprono i percorsi tradizionali. Dova Superiore è la porta naturale di
accesso al Parco dell’Antola dalla parte Alessandrina - Piemontese. Inoltre si
trova sulla “Via del Sale”, importante itinerario turistico con rilevanti
interessi storici. Valorizzare un territorio significa anche non dimenticarsi
del passato.
Un altro progetto importante è l’«adozione del Bosco» da parte delle Scuole, a
scopo di educazione ambientale. Inoltre i Boschi possono essere recuperati e
salvaguardati con appositi Cantieri Forestali e con l’apporto del Volontariato.
Il territorio, in una parola, si può e si deve utilizzare, migliorandolo.
L’Agriturismo è lo sviluppo più recente della strategia di utilizzazione
intelligente delle risorse, mediante la loro trasformazione “in loco”, per poter
giungere ad un’attività economicamente redditizia. La prospettiva per il futuro
è proprio lo “sviluppo sostenibile”.
Da un piccolo villaggio dell’Appennino,
un modello di “Sviluppo sostenibile”
Dova Superiore, piccola Frazione del Comune di Cabella Ligure, a 932 metri
sul livello del mare, nella parte più selvaggia dell’Alta Val Borbera.
Paolo Ponta ci racconta una storia molto simile a quelle di altri paesini
dell’Appennino Ligure - Piemontese: una storia fatta di località incantevoli,
quasi da presepio, in mezzo ad una natura incontaminata. Ma fatta, purtroppo,
anche di abbandono, di spopolamento, di “fuga” verso le vicine città da parte di
una popolazione che - a partire dagli anni ‘60 - intendeva giustamente sottrarsi
al magro destino disegnato da un’economia agricola e pastorale di pura
sopravvivenza.
Invece, più di vent’anni fa, grazie alla tenacia di un parroco con il pallino
dell’agricoltura, dei prodotti tipici e della buona cucina, e alla lungimiranza
dei pochissimi abitanti rimasti a presidiare le loro terre anche nei mesi
invernali, da questo villaggio apparentemente modesto è partita la reazione e il
desiderio di riscattarsi da uno stato di cose che sembrava ormai inesorabile.
Nel 1981, il nostro “prete - agricoltore”, Don Luciano Maggiolo, nato proprio a
Dova Superiore, riunì i proprietari dei terreni del paese e così, superando -
non senza difficoltà - la tradizionale mentalità di diffidenza e chiusura nei
ristretti confini dei propri campicelli, ebbe inizio la grande avventura della
Cooperativa Agricola “Terre Bianche”.
Perfino i “termini”, le antiche pietre che da secoli definivano i confini di
proprietà, vennero superati per consentire una coltivazione più razionale, anche
con l’ausilio di mezzi meccanici.
Il primo risultato concreto dell’iniziativa fu che la maggior parte dei terreni
venne sottratta, dopo tanti anni, all’abbandono.
Il taglio regolare del fieno - oltre a creare un paesaggio esteticamente
gradevole - consentì di “mettere sul mercato” un prodotto di alta qualità, molto
apprezzato dagli allevatori. In questo modo le prime risorse economiche
affluirono nelle casse della Cooperativa.
Il passo successivo fu quasi una conseguenza logica: una volta assicurata la
disponibilità di nutrimento e l’utilizzabilità dei pascoli vicini al paese,
perché non recuperare l’attività tradizionale di allevamento del bestiame? Dopo
alcuni anni, accanto al magazzino del fieno venne costruita, grazie allo sforzo
di tutti i Soci della Cooperativa, una stalla moderna e funzionale nella quale
oggi vengono allevati, con metodi biologici, circa trenta splendidi esemplari
della razza di origine francese “Limousine”, nota per la qualità delle carni. È
in questo periodo che - per la prima volta dopo decenni - grazie all’azione
della Cooperativa, l’aspra montagna alessandrina torna ad offrire possibilità
concrete di lavoro. Dagli anni ‘80 ad oggi, numerosi giovani, di ogni parte
d’Italia e anche provenienti dall’estero, si sono cimentati, per periodi più o
meno lunghi, nelle attività di stalliere e lavorante agricolo, dure ma
sicuramente più salubri di tanti impieghi “cittadini”. Gli sviluppi più recenti
traggono origine da un’intuizione apparentemente semplice, ma assai coraggiosa:
per ripristinare e favorire un’attività economicamente redditizia non basta
produrre, ma occorre anche - e soprattutto - valorizzare il prodotto tipico
mediante la sua trasformazione “in loco”. Solo così la riscoperta di sapori
semplici e genuini che sembravano dimenticati - la carne biologica, le frutta e
le verdure dell’orto, certe piante selvatiche del bosco, il pane fatto in casa
nel forno a legna - si può coniugare con la riscoperta e la conseguente
promozione di un intero territorio. Per questo, a poca distanza dalla stalla e
dal magazzino, nasce un piccolo macello per il confezionamento e la
commercializzazione della carne, fino a giungere, all’alba del nuovo secolo,
all’ultima e più ambiziosa realizzazione, “fiore all’occhiello” di tutto il
paese: l’Agriturismo “Maggiociondolo”. Il nome, di buon auspicio, è mutuato dal
caratteristico alberello, dai fiori gialli a grappolo, che rallegra la primavera
nell’Appennino. L’edificio si deve ai tanti giovani volontari del movimento
“Universitari Costruttori” - in gran parte provenienti dalla Lombardia e dal
Veneto - che di buon grado hanno contribuito a recuperare alcuni rustici in
rovina per far rinascere un luogo ove l’ospitalità e l’accoglienza, fondate sui
valori della civiltà cristiana, si unissero al rispetto per le tradizioni e
all’attenzione costante per la qualità, secondo la migliore filosofia di vita
della montagna. In un certo senso, anche il reperimento dell’immobile è avvenuto
in maniera “rivoluzionaria” e sintomatica della nuova mentalità introdotta da
Don Luciano: gli stessi proprietari dei rustici hanno accettato di conferirli in
comodato gratuito trentennale alla Cooperativa, per consentire la costruzione
della struttura.
Per realizzare in pieno il progetto di Don Luciano e dei Volontari, tuttavia,
l’Agriturismo non è rimasto solo una sorta di “hotel de charme” un po’ più
spartano, ma, negli anni, è divenuto il polo di aggregazione del paese, dove
tutti - giovani e meno giovani, oriundi di Dova e semplici villeggianti - hanno
potuto organizzare feste, trascorrere qualche ora in serenità e allegria,
sentirsi coinvolti pienamente nella vita della piccola Comunità. L’altro
“momento forte” che da più di vent’anni contraddistingue la vita del paese è la
“Festa della Montagna”, che di norma si tiene la domenica dopo Ferragosto.
Organizzata dalla Parrocchia di San Martino e - ovviamente - dall’infaticabile
Don Luciano e da tanti amici, riflette lo stesso desiderio di offrire ospitalità
e accoglienza allo scopo di rendere viva la Frazione di Dova Superiore, insieme
ai vicini villaggi che fanno parte del territorio parrocchiale: Guazzolo, in
Comune di Cabella Ligure, e Casalbusone, in Comune di Mongardino Ligure.
Le prospettive future si fondano proprio sull’esigenza di promuovere il
territorio, utilizzandolo in modo intelligente per riuscire a valorizzarlo al
massimo.
Attraverso il progetto “Memoria delle Alpi - i Sentieri della Resistenza” si
potranno finalmente ripulire e rendere fruibili, per i turisti e gli
appassionati di storia e natura, gli antichi sentieri utilizzati, nei secoli,
dai mulattieri che percorrevano le “Vie del Sale” tra Pianura Padana e Riviera
Ligure, e che, sessant’anni fa, vennero faticosamente calcati dai Patrioti che
combattevano per la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Grazie al ripristino dei boschi e dei sentieri, Dova Superiore - già inserita
nel percorso del “trekking a cavallo” della Comunità Montana Valli Borbera e
Spinti - potrà riscoprire la tradizionale vocazione di luogo di transito e di
scambio. La vicinanza con il valico appenninico di San Fermo, infatti, fa di
Dova la porta ideale del Parco Naturale dell’Antola, in Liguria, dal lato
alessandrino - piemontese.
Come si vede, le idee non mancano, e sono sostenute da una buona dose di
coraggio, ma anche di sano realismo. I primi risultati non hanno tardato a
manifestarsi: Dova Superiore è, oggi, un paese vivo, ricco di iniziative, e non
un semplice “villaggio - vacanze” che si riempie d’estate per poi svuotarsi nei
lunghi mesi autunnali e invernali.
Sicuramente, il futuro sarà ancora ricco di incognite e di difficoltà, proprio
come i sentieri di montagna: ma la Comunità di Dova Superiore, con umiltà e
buona volontà, ha saputo mettere in gioco le sue “piccole” risorse per imboccare
la via dello “sviluppo sostenibile”, unica strada possibile per sconfiggere il
declino e la rassegnazione.
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Dicono di Dova